Vi piacciono i vampiri? Bene, c’è una serie televisiva meravigliosa che riconcilia tutti noi con una delle carte più importanti e abusate del mazzo del fantastico. È Midnight Mass, su Netflix, diretta da Mike Flanagan dal romanzo di Paul Wilson. Il romanzo di Wilson, che grazie a Paolo De Crescenzo uscì per Gargoyle, con una postfazione dell'altrettanto amato Alan D. Altieri, è mediocre. E non perché abbondi in splatter, ma perché non ha un briciolo della profondità e dell'introspezione, e dei dubbi esistenziali e spirituali che sono la ragione stessa della serie.
Poi, certo, Mike Flanagan ha pescato da un immaginario amplissimo. In primo luogo, L'esorcista di William Peter Blatty, oggi molto e ingiustamente sottovalutato, e che era soprattutto un romanzo sulla fede e sulla crisi della fede. Tanto che Blatty ci tornerà in un altro libro del 2013, ancor più sottovalutato, che è Redenzione.
La serie, inoltre, si avvicina alla Tempesta del secolo di Stephen King per disegnare cosa avviene nelle comunità separate che vivono in un'isola e vivono (malino) di pesca, quando vengono insidiate da Qualcuno Che Viene da Fuori. Addirittura evoca il naufragio del Titanic, con quell'inno, "Nearer, My God, to Thee", che viene intonato prima della catastrofe di cui si tace e che a quanto pare venne suonato dalla mitica orchestrina del transatlantico mentre si inabissava (così nel famoso film di James Cameron, comunque).
Il romanzo di Wilson è tutt'altro. Nasce dall'idea che dopo la caduta del muro di Berlino e la fine del comunismo i vampiri scorrazzino in tutto il mondo, finché, in quel del New Jersey, si oppongono a loro un prete, un rabbino, una suora molto tosta e un'altrettanto tosta signorina. Stereotipati come pochi. Mancanti di anima letteraria come pochi. Un brutto libro, insomma, anche se, se non ricordo male (insomma, era pur sempre il 2004) Wilson lo scrisse per farsi beffe dei vampiri languidi di Anne Rice, che sono indubbiamente contestabili, ma di certo non erano privi di complessità narrativa. Più del classico apocalittico con vampiri che Wilson scrive. Avevano fatto di più e meglio Guillermo del Toro e Chuck Hogan con The Strain (e la trilogia di romanzi Nocturna).
Quanto a Flanagan, mi aveva dato un colpo al cuore con il pessimo adattamento cinematografico di Doctor Sleep di Stephen King (poco meglio era andata, ma poco, con Il gioco di Gerald). Però, aveva firmato una serie contestata ma che ho molto amato, The haunting: due stagioni tratte rispettivamente da Hill House di Shirley Jackson e Il giro di vite di Henry James. Stagioni che tradivano decisamente i testi originali eppure, insieme, li rispettavano e li trasformavano: specie per quanto riguarda Hill House, la sceneggiatura era fittissima di rimandi al romanzo, dalle filastrocche alle citazioni ai nomi. Era un'altra storia, certo: ma era una bella storia.
Midnight Mass riesce a fare proprio quello di cui spesso lamentiamo l’assenza: moltiplicare la complessità, aumentare le porte d'ingresso alla trama, trasformare un romanzetto godibile ma abbastanza inutile in un grande testo sulla comunità, sulla morte, sulla fede. La storia è in apparenza semplice: c'è un'isola di pescatori, Crockett Island (al solito, le isole si confermano il luogo privilegiato per le storie fantastiche: sì, Squid Game inclusa), con le sue esclusioni e inclusioni, con uno sceriffo di fede musulmana che fatica a venir accettato dalla parte più bigotta e fanatica degli abitanti, capeggiata dalla perpetua Bev (sorella della Margaret White di Carrie, o della Mother Carmody di The Mist: solo, apparentemente più ragionevole), una maestra incinta, un giovane uomo che torna dopo aver scontato quattro anni di carcere per aver provocato la morte di una ragazza mentre guidava ubriaco, una ragazzina, Leeza, sulla sedia a rotelle perché un altro alcolista del paese, anni prima, ha sparato alla cieca, colpendola, una dottoressa che si prende cura della madre malata. Un paese, insomma. Il paese è povero: crisi economica, uno sversamento di petrolio che ha reso la pesca difficile e che ha comportato solo un risarcimento esiguo, poche prospettive. Eppure, sembra aprirsi uno spiraglio di speranza quando sbarca sull'isola padre Paul, un giovane sacerdote che sostituisce il vecchio pastore, monsignor Pruitt, che a quanto pare necessita di un periodo di riposo. Paul conquista i suoi parrocchiani parlando insistentemente di resurrezione: narra di morte e di vita dopo la morte, di fiducia in Dio e di una imminente uscita dalle tenebre. La Pasqua, certo. Ma non solo: quello che prospetta è un disegno divino di rinascita miracolosa per tutta l'isola. E qui, mi fermo con una domanda: cosa accadrebbe se un uomo profondamente religioso scambiasse un vampiro per un angelo? In Midnight Mass non ci sono effettacci (o meglio: sì, ci sono, ma solo dopo una lunga bonaccia, e sono così diluiti che quando arrivano hanno il triplo della forza). C'è un'atmosfera oscura che puntata dopo puntata si addensa sui personaggi, a volte niente più di un presagio, altre una cupa malinconia che pesa sul cuore e che spinge alcuni a dialogare sulla morte, e su cosa significhi, e su cosa avverrà dopo. Su tutto, i salmi e gli inni che accompagnano chi guarda, e tutti i vincoli, anche, della colpa che la fede infligge. Anche padre Paul pone la morte al centro dei suoi discorsi, pur esortando a guardare a quell'oltre con fiducia, perché arriverà il tempo in cui la morte sarà sconfitta.
Sì, è una serie costruita sui dialoghi e sui monologhi: non una parola lasciata al caso, e letteraria in più di un'occasione. Con uno sguardo insieme impietoso sulle piccole comunità e contemporaneamente pieno di speranza in ciò di cui gli esseri umani sono capaci. Non piacerà a tutti, ma se c'è una serie che declina l'orrore nel suo significato più alto, è sicuramente questa. E certe visioni, fatemelo dire, valgono un libro, se quel libro lascia indifferenti alla fine della lettura: non questa storia, per niente.